L’endometriosi è una condizione debilitante in cui il tessuto che normalmente riveste l’interno dell’utero invade altri organi pelvici, provocando un dolore significativo che può ridurre la qualità della vita. La malattia colpisce circa 176 milioni di donne e ragazze nel mondo; solo nel Regno Unito, circa 1,5 milioni di donne (1 su 10) vivono attualmente con questa condizione. L’endometriosi può portare all’infertilità fino al 40% delle donne che ne soffrono. Nonostante la sua prevalenza, non se ne conosce la causa e non esiste un trattamento specifico.
Una revisione approfondita della dott.ssa Carla Piccinato e dei colleghi dell’ospedale Albert Einstein di San Paolo, in Brasile, ha esaminato i modelli preclinici disponibili per l’endometriosi, la loro efficacia e le limitazioni traslazionali.
Un problema fondamentale identificato dagli autori è la continua dipendenza dai modelli murini per cercare di riprodurre una malattia umana che non si sviluppa naturalmente nei roditori. Per creare artificialmente un modello animale di endometriosi umana si ricorre alla chirurgia invasiva per trapiantare le cellule endometriali nella cavità addominale dei roditori. Questo approccio produce solo lesioni superficiali che clinicamente non mimano adeguatamente la malattia umana.
La revisione ha rilevato che i farmaci sviluppati per trattare l’endometriosi, dimostratisi efficaci nei test preclinici sugli animali, hanno fallito con un tasso di oltre l’80% negli studi clinici sull’uomo. Ad esempio, il resveratrolo ha mostrato risultati promettenti nella riduzione dell’infiammazione e nell’inibizione dell’angiogenesi nei roditori, ma non ha funzionato quando è stato testato sui pazienti. Gli autori documentano inoltre che 18 studi clinici completi per nuovi interventi terapeutici per l’endometriosi, si riferivano in realtà a farmaci già approvati dalla FDA degli Stati Uniti per il trattamento di altre malattie, e nessuno era il prodotto di studi preclinici che utilizzavano modelli animali di endometriosi.
“Siamo rimasti sorpresi nel vedere che la maggior parte degli approcci che utilizzano gli animali si concentrano sulla regressione delle lesioni, come se fosse un importante obiettivo nella ricerca sull’endometriosi, quando in realtà la regressione delle lesioni non è mai stata scelta come endpoint degli studi clinici sull’endometriosi”, afferma la dott.ssa Carla Piccinato. In effetti, la comunità medica sembra concordare sul fatto che trovare modi per mitigare i sintomi dell’endometriosi sia l’obiettivo desiderato per offrire ai pazienti una migliore qualità della vita.
I nuovi approcci metodologici basati sulla biologia umana stanno soppiantando sempre più i modelli animali per studiare l’endometriosi ed il dolore ad essa associato. Il sequenziamento su larga scala del genoma umano e dell’RNA, analisi dei microRNA associati al dolore pelvico, analisi dell’espressione tessuto-specifica dei campioni dei pazienti mediante microdissezione laser, associazioni genetiche tra endometriosi e tratti correlati all’obesità sono solo alcuni esempi di approcci moderni e promettenti. Gli studi in vitro basati su tessuti prelevati dai pazienti hanno rivelato che la resistenza al progesterone può svolgere un ruolo nell’endometriosi e hanno aperto la possibilità di studiare l’utilizzo dei farmaci progestinici, per inibire l’infiammazione, l’angiogenesi e lo stress ossidativo nelle cellule dell’endometrio. Gli studi di associazione sull’intero genoma hanno permesso di fare ancora più luce, rivelando un’associazione tra endometriosi e percorsi genici specifici che potrebbero costituire dei bersagli per la scoperta di nuovi farmaci.
Le grandi potenzialità della ricerca basata su questi nuovi approcci e gli ovvi limiti dei modelli animali di endometriosi suggeriscono la necessità di maggiori investimenti nello sviluppo di metodi e tecniche animal-free, indagini cliniche, ricerche incentrate sul paziente e sulla risposta al trattamento.
La revisione, Endometriosis: current challenges in modeling a multifactorial disease of unknown etiology sponsorizzata da BioMed21/Humane Society International, è stata pubblicata sul Journal of Translational Medicine di Agosto 2020. Gli autori forniscono delle raccomandazioni per la futura ricerca sull’endometriosi in cui contemplano l’uso dell’intelligenza artificiale e della stampa 3D dei vasi sanguigni per far progredire ulteriormente la comprensione della malattia e sviluppare trattamenti per offrire speranza ai milioni di donne che soffrono di questa condizione debilitante.