Pubblichiamo qui per intero la lettera aperta della dott.ssa Manuela Cassotta, biotecnologa, membro del Comitato Scientifico di OSA, mandata al direttore de Il Foglio Claudio Cerasa.
Spett. Direttore,
in riferimento all’articolo apparso lo scorso 24 aprile su Il Foglio, “Per il vaccino anti-Covid gli animalisti preferiscono le cavie umane” sono amareggiata dalle modalità a dir poco discutibili e scorrette con cui i colleghi difensori accaniti della sperimentazione animale stanno strumentalizzando la situazione di emergenza causata dalla pandemia di COVID-19 per cercare di guadagnare consensi ed approvazione.
Facendo leva sulla paura delle persone col miraggio di un vaccino o di una cura, vorrebbero mettere a tacere le problematiche scientifiche di sicurezza e rilevanza legate al modello animale, che da tempi storici continua a rappresentare l’indiscusso gold-standard per la ricerca biomedica, nonostante le più recenti evidenze in letteratura ed i notevoli progressi delle nuove metodiche.
Mentre si accusano gli animalisti di bloccare la ricerca scientifica italiana e di preferire la salvaguardia delle cavie a quella dei pazienti, si dimentica che una percentuale non più trascurabile di ricercatori e addetti ai lavori, ben consapevoli dei fallimenti e dei limiti dei modelli animali e delle potenzialità delle nuove tecnologie ed approcci metodologici, stanno cercando di andare oltre la sperimentazione animale, verso una ricerca scientificamente valida ed eticamente più sostenibile, basata sulla biologia umana. E lo stanno facendo non solo per proteggere gli animali ma anche e soprattutto per proteggere la salute umana. Dal momento infatti in cui i modelli animali non possono garantire sufficiente sicurezza e affidabilità nel rilevamento di potenziali effetti collaterali ed efficacia dei farmaci, stiamo mettendo a rischio la sicurezza dei pazienti umani.
Con ciò non si vuole affermare che anche i modelli animali in certi casi e soprattutto in passato abbiano avuto un ruolo nell’acquisizione delle conoscenze che poi possono aver portato ad un avanzamento in campo biomedico, ma che è tuttavia assurdo e scorretto da parte dei colleghi continuare a negare l’attuale dibattito sul piano scientifico, spostando il problema sugli animalisti.
E’ chiaro infatti che nel 2020 il modello animale non può più rappresentare il gold standard per la ricerca biomedica, e oggi più che mai è necessario cambiare direzione e mentalità. Ciò vale anche e non solo per la ricerca sul COVID-19 e per la messa a punto di un vaccino, proprio perché vogliamo dei test sicuri ed affidabili che proteggano realmente la collettività, e perché non vogliamo diventare noi le vere cavie.
A questo scopo diversi ricercatori all’estero stanno già lavorando utilizzando sistemi innovativi tra i quali i tessuti umani in vitro ingegnerizzati, gli organ-on-chip, le analisi genomiche a singola cellula e i modelli computazionali. L’utilizzo integrato di questi metodi sta già portando a risultati promettenti e qualora tali approcci venissero maggiormente promossi e finanziati, permetterebbero di studiare in modo più efficace e più etico le malattie umane nell’uomo, avviandoci anche al superamento della sperimentazione animale. E’ imbarazzante che in Italia debbano essere soprattutto le associazioni animaliste – e non le istituzioni scientifiche e le realtà accademiche – a spiegare l’importanza del superamento della sperimentazione animale e dell’adozione e sviluppo di metodologie più rilevanti e sicure per gli esseri umani e che chi lavora con queste metodologie si ritrovi spesso a farlo in scarsità di fondi, posizioni di nicchia, sentendosi dare anche dell’animalista invasato qualora osi mettere in discussione lo status quo. E poi ci chiediamo perché i ricercatori che lavorano su nuovi approcci metodologici animal-free fuggono quasi tutti all’estero.
Manuela Cassotta
Biologa, MsC Biotecnologa MsC