Il tasso di fallimento nel processo di sviluppo dei farmaci rimane superiore al 92%, da decenni. Cioè oltre il 92% dei candidati farmaci che passano con successo i test sugli animali, falliscono poi nei test sull’uomo. La maggior parte di questi fallimenti è dovuta a tossicità inaspettata che non era stata rilevata nei test sugli animali, o a mancanza di efficacia. Tuttavia, si è visto che l’uso di strumenti più innovativi, come gli organi su chip nella fase preclinica, permetterebbe di predire in maniera più accurata eventi imprevisti ed efficacia prima che si arrivi alle sperimentazioni cliniche.
In questo articolo gli autori esaminano diverse malattie umane (morbo di Alzheimer, Parkinson, artrite reumatoide, malattie respiratorie, HIV/AIDS) e dimostrano come l’uso di modelli animali non sia riuscito ad offrire nuovi trattamenti efficaci. Vengono forniti anche alcuni suggerimenti su come i nuovi approcci metodologici, più rilevanti per l’uomo, potrebbero essere applicati per affrontare questo problema.
Gli studi di ricerca di base, traslazionale e applicata per le malattie del tratto respiratorio, del sistema nervoso, del sistema immunitario e dell’apparato muscoloscheletrico rappresentano quasi un quarto dell’uso totale di animali nell’UE. Nonostante questa continua dipendenza dai modelli animali, per tutte le malattie qui descritte – e in effetti, per molte altre malattie – c’è una scarsità di trattamenti efficaci, sia preventivi che curativi.
Naturalmente, i problemi di trasferibilità dei risultati dagli animali all’uomo non si limitano alle aree esplorate in questo articolo: ci sono problemi – sottolineano gli autori – anche con altre aree di malattia. L’oncologia, ad esempio, è uno dei campi in cui il fallimento dei modelli tradizionali è tra i più elevati e riconosciuti. Tuttavia, – affermano gli autori – non siamo stati in grado di includere il “cancro” tra le malattie esaminate perché, visti gli oltre 200 tipi di “cancro”, si tratterebbe di un’impresa enorme che richiederebbe un intero articolo dedicato all’argomento.
Gli autori concludono che chiaramente è ancora necessario un cambio di paradigma nella ricerca biomedica. Questo cambiamento dovrebbe convergere sempre più verso approcci basati sull’uomo e rilevanti per l’uomo, al fine di affrontare la crescente prevalenza delle malattie umane. L’auspicio è che, attraverso l’integrazione delle diverse aree di competenza e di indagine, si possano favorire iniziative di prevenzione primaria e sostenere attività di ricerca scientifica basate sull’utilizzo di metodi e modelli che diano risultati rilevanti per l’uomo a beneficio dei pazienti umani.
Marshall LJ, Bailey J, Cassotta M, Herrmann K, Pistollato F. Poor Translatability of Biomedical Research Using Animals — A Narrative Review. Alternatives to Laboratory Animals. 2023;0(0). doi:10.1177/02611929231157756