Per molto tempo la ricerca nel campo della nutrizione umana si è basata su metodi semplicistici in laboratorio (in vitro) o su animali (in vivo) per comprendere il legame tra dieta e malattie, e per valutare la sicurezza dei prodotti alimentari ed integratori. Anche se questi metodi sono stati in alcuni casi utili per capire i processi biologici di base, non rispecchiano adeguatamente il funzionamento del corpo umano, creando quindi incertezza su quanto i risultati siano trasferibili agli esseri umani ed alla situazione della vita reale.
Negli ultimi anni ci sono stati grandi progressi nelle tecniche di coltura delle cellule staminali, nelle colture cellulari tridimensionali, nelle tecnologie di sequenziamento del DNA e nell’informatica. Grazie a questi progressi, oggi abbiamo a disposizione nuovi strumenti di ricerca basati sull’uomo e più vicini alla realtà del funzionamento del nostro corpo. Questi strumenti, chiamati anche “nuovi approcci metodologici” (NAMs), includono organoidi derivati da pazienti, organi su chip, analisi multi-omiche e modelli computazionali. Si tratta di approcci innovativi e interessanti che permettono di studiare l’alimentazione da una prospettiva più vicina alla biologia umana.
Un articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Food Frontiers, affronta i limiti dei vecchi metodi di ricerca in vitro e sugli animali, per poi descrivere i nuovi strumenti ed approcci disponibili e quelli che si stanno sviluppando. L’obiettivo degli autori, facenti parte del gruppo di ricerca su cibo, biochimica nutrizionale e salute dell’Università Europea dell’ Atlantico (Spagna)
e del Dipartimento di Scienze Cliniche, dell’Università Politecnica delle Marche, è quello di stimolare la discussione su percorsi innovativi nella ricerca sull’alimentazione e favorire un cambiamento verso un approccio focalizzato sulla biologia umana (e non su quella degli animali da laboratorio). Ciò aiuterebbe a capire meglio come l’alimentazione influisce sulla salute, a valutare nuovi prodotti alimentari e a sviluppare strategie preventive e curative più efficaci, mirando al tempo stesso alla progressiva sostituzione animali utilizzati nella ricerca.
Limiti degli attuali approcci
Oltre ad affrontare i limiti degli attuali modelli in vitro, troppo semplicistici, ed i problemi della ricerca clinica, gli autori illustrano alcuni dei problemi legati ai principali modelli animali utilizzati per la ricerca in nutrizione, legati alle differenze tra le varie specie ed alle condizioni artificiali della vita in laboratorio. Ad esempio, affermano gli autori, il tasso metabolico è 7 volte più alto nei topi, rispetto agli umani, e vi sono importanti differenze nel metabolismo di vitamine, colesterolo, acidi biliari, etanolo e zuccheri, differenze nel comportamento alimentare, nell’anatomia e fisiologia del tratto gastro-intestinale, nella flora intestinale, nel sistema immunitario, nonché nel modo di reagire agli alimenti e sviluppare le malattie.
I nuovi approcci metodologici basati sulla biologia umana
Di recente, gli scienziati hanno sviluppato nuovi strumenti più vicini alla realtà umana. Questi “nuovi approcci metodologici” (NAMs) includono:
- Colture di cellule umane in strutture tridimensionali: mimano meglio l’ambiente complesso dei tessuti e degli organi umani rispetto alle tradizionali colture “piatte”.
- “Mini-organi” (organoidi): vengono generati a partire da cellule staminali umane ottenute in modo non invasivo dalla pelle o dalla saliva dei pazienti, e possono essere utilizzati per studiare organi specifici e come rispondono a diversi fattori, inclusa la dieta.
- “Organi su chip”: Questi piccoli dispositivi imitano le funzioni di più organi e possono essere usati per mimare la struttura e la funzione di organi umani come l’intestino o il fegato, consentendo di studiare l’assorbimento dei nutrienti, il metabolismo e la tossicità, o possono essere usati per studiare come lavorano insieme diversi organi e sistemi. Permettono di studiare anche la relazione tra nutrizione e batteri intestinali.
- “Scienze omiche”: Un gruppo di tecnologie che permettono di studiare grandi quantità di dati biologici in modo simultaneo, ad esempio si possono identificare i geni che influenzano la risposta al cibo, oppure vedere quali geni sono attivi in risposta a determinate diete o nutrienti.
- Modelli computazionali avanzati: Possono analizzare dati complessi e aiutare gli scienziati a capire come interagiscono diversi fattori nel corpo umano. Possono essere utilizzati a supporto delle tecnologie in vitro avanzate.
Efficacia, sicurezza, efficienza
I NAMs – affermano gli autori – stanno già fornendo informazioni preziose sulla salute e la nutrizione umana e possono essere utilizzati per valutare l’efficacia e la sicurezza di nuovi prodotti alimentari e integratori alimentari prima che vengano testati sugli esseri umani, riducendo i potenziali rischi per la salute. Possono inoltre accelerare il processo di ricerca fornendo risultati più rapidi e accurati rispetto ai test sugli animali. Questo – continuano – potrebbe portare a un più rapido sviluppo di nuovi interventi nutrizionali e alla commercializzazione di prodotti alimentari più sicuri e sani.
Rendere più efficienti gli studi clinici e facilitare un approccio personalizzato
Oltre a rappresentare preziosi modelli per la ricerca, le biotecnologie alla base dei NAMs possono facilitare enormemente la ricerca clinica e possono essere utilizzati per identificare i sottogruppi di popolazione più propensi a beneficiare di determinati interventi nutrizionali, consentendo una nutrizione più personalizzata e mirata.
Superare i pregiudizi
Nell’articolo vengono discussi anche i principali ostacoli all’adozione dei NAMs, tra i quali sono stati individuati i pregiudizi. Molti scienziati che presentano ricerche basate su NAMs si aspettano che i revisori chiedano esperimenti aggiuntivi sugli animali per “validare” i loro risultati, prima che il lavoro possa essere pubblicato o finanziato. Questo fenomeno è chiamato “bias a favore dei metodi animali” ed è un tipo di pregiudizio editoriale che privilegia gli studi sugli animali anche quando i NAMs potrebbero già essere adatti o addirittura migliori. Questo pregiudizio può rallentare o addirittura impedire la pubblicazione di ricerche basate su NAMs, ostacolando il loro sviluppo e utilizzo.
Il problema principale – affermano gli scienziati – è che molti modelli animali non rispecchiano accuratamente la fisiologia umana. Obbligare i ricercatori a usare questi modelli “deboli” solo per soddisfare i revisori è controproducente e dovrebbe essere scoraggiato, visto che che è noto che le recenti tecnologie (ad esempio organi su chip) offrono modelli preclinici in vitro più affidabili dal punto di vista fisiologico e clinico rispetto a molti studi sugli animali, sia per studiare le malattie che le risposte ai farmaci.
Utilizzare i NAM in modo integrato o combinato e insieme a studi clinici (sull’uomo) potrebbe portare grandi benefici alla ricerca nutrizionale. È importante ricordare -concludono li autori – che abbiamo assistito ad una rapida evoluzione dei NAMs, che non ha eguali in confronto ai modelli animali, e che il loro potenziale di sviluppo è altissimo. I modelli animali, per contro, possono essere migliorati solo fino ad un certo punto. Non potranno infatti mai essere completamente validi per l’uomo a causa delle differenze biologiche tra le specie. Non possiamo cambiare la biologia di un topo, che per quanto “umanizzato” e perfezionato, rimarrà sempre un topo.
Per approfondire:
Cassotta, M., Cianciosi, D., Elexpuru-Zabaleta, M., Pascual, I. E., Cano, S. S., Giampieri, F., & Battino, M. (2024). Human-based new approach methodologies to accelerate advances in nutrition research. Food Frontiers, 1–32. https://doi.org/10.1002/fft2.369