Abbiamo inviato una lettera, firmata dai membri del nostro Comitato Scientifico, in risposta alla puntata del 5 luglio 2023 di “Basta la Salute” allo scopo di dare una più completa informazione ai cittadini. La riportiamo per intero di seguito:
Alla cortese attenzione del Direttore di Rainews24 Paolo Petrecca e alla squadra del programma Basta la salute,
Come Comitato Scientifico dell’ Associazione Oltre la Sperimentazione Animale (OSA), ci teniamo ad esprimere il nostro parere in merito ai contenuti esposti nella puntata del 05/07/2022 facenti riferimento alla necessità di mantenere in uso la sperimentazione animale nelle ricerca scientifica.
Apprendiamo con favore, dalle parole della Dott.ssa Piaggio, il riconoscimento dell’inutilità di sperimentazioni prolungate nel tempo al fini di conseguire scoperte rilevanti per la cura delle patologie umane, come quelle di recente venute agli onori della cronaca relativa ad alcuni scimpanzè liberati dopo 29 anni dai laboratori di ricerca. Significativo anche il fatto che la Dott.ssa abbia ricordato come la sperimentazione animale richieda ingenti investimenti e tempi di ricerca considerevoli.
La Dott.ssa Piaggio plaude alla nuove metodologie alternative all’utilizzo di animali, nello specifico all’importanza degli organoidi per studiare le caratteristiche della risposta del singolo organo ad una data molecola. Ribadisce tuttavia che l’organismo umano esplica risposte complesse e che per questa ragione sia necessario e inevitabile, testare la molecola altresì su un organismo animale. La stessa incalzata dall’intervistatore circa il ruolo cruciale dell’intelligenza artificiale (quale metodica alternativa ai test su animali) per lo sviluppo dei farmaci del futuro, conclude sarcastica che se vogliamo possiamo passare direttamente a sperimentare sull’uomo, saltando la fase sull’animale.
Proprio su questi ultimi due punti, di cruciale importanza, ci preme esprimerci per fare chiarezza.
In primo luogo, i ben noti limiti degli organoidi si stanno già affrontando in vari modi, ad esempio con lo sviluppo di sistemi multiorgano su chip, dove diversi organoidi umani vengono collegati tra loro attraverso un circuito fluidico a simulare le risposte sistemiche che ci attendiamo in vivo. Oggi possiamo collegare molteplici colture cellulari tridimensionali, ognuna a rappresentare gli aspetti salienti di un organo umano, ivi comprese le barriere fisiologiche (per es. barriera emato-encefalica, feto-placentare, ecc), e le componenti del sistema immunitario, rilevanti per le risposte dell’organismo alle sostanze xenobiotiche introdotte o ai patogeni: possono essere collegati ad esempio intestino su chip, fegato, cuore, cervello, vasi sanguigni, rene, etc., sviluppati a partire da cellule staminali umane, che oggi si possono ottenere anche in modo non invasivo dalla pelle o dalla saliva. Queste metodologie, opportunamente integrate con i metodi in silico, intelligenza artificiale, machine learning, le tecniche ad alto rendimento (ad esempio sequenziamento di terza generazione) e tecniche avanzate di imaging, ci permettono di studiare la biologia umana a diversi livelli di complessità, da quello molecolare a quello di popolazione, superando la concezione riduzionista della biologia.
Quasi sempre le patologie umane cronico-degenerative come il cancro, il diabete o l’Alzheimer, hanno una eziopatogenesi multifattoriale, correlata allo stile di vita individuale e a fattori ambientali, difficilmente riproducibili in uno stabulario.
Pensare di riprodurre la complessità e multi-dimensionalita’ delle condizioni umane (il macroambiente) in altre specie animali è un esercizio assurdo, oltre che pericoloso. Il sistema immunitario, la risposta all’infiammazione, ai patogeni o alle sostanze xenobiotiche, l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo, l’escrezione e la tossicologia dei farmaci potrebbero essere, e di solito lo sono, differenti non solo tra le varie specie ma addirittura nell’ambito della stessa specie, in ceppi o razze diverse.
La variabilità fra specie diverse è un problema insormontabile (concetto di “validità esterna”, per approfondimenti si rimanda all’articolo dedicato) e anche se si cercasse di ottimizzare i modelli animali in molteplici modi (introducendo l’ennesima variabile genica, o modificando il microbiota intestinale, o tentando di “umanizzare” ovvero rendere più simile a quello umano il sistema immunitario, ecc.), per motivi ormai ampiamente dimostrati (vedere ad esempio questo articolo), un topo, (o un ratto, o un cane, o un primate) non saranno mai paragonabili all’essere umano, come suggerito e discusso da molti scienziati in molti articoli peer-reviewed.
La FDA Food and Drug Administration già nel 2004 riconosceva il tasso di fallimento della ricerca traslazionale da animale a uomo al 92% di tutte le sostanze che superavano con successo la fase dei test su animali; più recentemente il NIH National Institutes of Health ha confermato un tasso di fallimento che supera il 95% delle sostanze testate con successo sugli animali, che non si sono mai tradotte in terapie efficaci per i pazienti.
Sostanze che si dimostrano sicure e terapeutiche sull’animale da laboratorio, possono risultare durante la fase clinica sull’uomo, inefficaci o ancor peggio dannose per la salute umana a causa di tossicità impreviste. È altresì vero che diverse molecole che risultano tossiche per la maggior parte degli animali da laboratorio, hanno invece effetti terapeutici nell’uomo, ad es. l’aspirina. Ciò fa sì che molte molecole potenzialmente terapeutiche possono venir cestinate ancora prima di arrivare agli studi sull’uomo.
Non è plausibile continuare a sostenere che l’alternativa a sperimentare sugli animali è quella di farlo sull’uomo, sia perché oggi e in futuro sempre più disporremo di metodologie alternative basate sulla biologia umana, sempre più performanti, sia perché tutto quanto oggi è ancora mancante non lo si può ricercare laddove è ormai ampiamente acclarato che non si avranno mai risposte valide (modello animale, approccio riduzionista).
Che i tempi siano più che mai maturi per un cambio di paradigma, ce lo dice l’adozione del FDA Modernization Act 2.0 statunitense lo scorso 23 dicembre, con il quale si stabilisce che i farmaci in fase di sviluppo non dovranno più essere testati obbligatoriamente sugli animali prima di ottenere l’approvazione da parte della FDA (Food and Drug Administration), l’organo americano che regola i prodotti farmaceutici. Ciò significa che è possibile procedere con le metodologie alternative già in uso, molte delle quali già riconosciute a tutti gli effetti sostitutive di specifici test su animali, e dar così seguito all’approvazione di sostanze che possano passare ai successivi trial clinici.
E’ importante sottolineare che tali metodologie alternative si stanno dimostrando migliori dei modelli animali in termini di rilevanza e riproducibilità, riuscendo ad esempio a rilevare i potenziali effetti tossici di farmaci e sostanze laddove i test su animali falliscono. Un ruolo cruciale per lo sviluppo e l’implementazione delle nuove metodologie lo svolgono la formazione capillare degli operatori del settore, e il sostegno economico con investimenti significativi e continui che al momento risultano per lo meno carenti. L’Italia nel triennio 20/22 ha stanziato 2 milioni di euro l’anno per la ricerca senza animali, ben poca cosa, più significativo l’investimento condotto in sede europea tramite il progetto Horizon che prevede lo stanziamento di 270 milioni di euro in 6 anni, per le ricerche che prevedano l’utilizzo dei nuovi approcci metodologici senza animali.
OSA, da sempre motivata a divulgare e far conoscere i nuovi approcci metodologici basati sulla biologia umana per altro già operativi in vari laboratori in tutto il mondo, esprime la propria disponibilità a partecipare a eventi televisivi dedicati al tema della ricerca, per una più ampia e completa informazione dell’attuale paradigma scientifico, a beneficio in primis della salute umana.