Lo studio ha concentrato la sua attenzione sulla caratterizzazione dei diversi tipi cellulari che compongono l’epitelio pigmentato della retina. Le implicazioni dello studio sono ovviamente correlate sia a tutte quelle ricerche che indagano sulle degenerazioni della retina connesse all’età, sia a quelle che si occupano più in generale dei disturbi visivi.
Gli scienziati del NIE (National Eye Institute) hanno identificato 5 sottopopolazioni nell’ambito dell’epitelio pigmentato della retina, epitelio che nutre e sostiene i fotorecettori sensibili alla luce. Utilizzando l’intelligenza artificiale sono state vagliate le immagini dell’epitelio pigmentato retinico eseguite alla risoluzione unicellulare, al fine di identificare le diverse tipologie di cellule in esso presenti. Questo lavoro, primo nel suo genere, è importante non solo per la comprensione delle caratteristiche di vulnerabilità dell’epitelio alle diverse malattie che lo possono interessare, ma altresì per la messa a punto delle terapie. La visione ha inizio quando la luce colpisce i coni e i bastoncelli che rivestono la retina nella zona posteriore dell’occhio. Una volta attivati, il segnale tramite un complesso sistema di neuroni si raccoglie nel nervo ottico. La senescenza e le malattie possono causare alterazioni metaboliche a carico delle cellule del RPE (epitelio retinico pigmentato), che esitano nella degenerazione dei fotorecettori. L’entità del danno sulla capacità visiva si determina in relazione al grado di compromissione dell’epitelio e alla localizzazione delle cellule danneggiate. Ad esempio, la degenerazione retinica ad esordio tardivo colpisce le aree periferiche della retina e dunque impatta in modo più contenuto sulla visione; differentemente la degenerazione maculare (AMD) interessando primariamente le cellule del RPE della macula, area cruciale per la visione, si traduce nella perdita della vista.
In questo studio l’intelligenza artificiale è servita per analizzare la morfometria delle cellule del RPE, la forma e le dimensioni di ciascuna cellula. Il computer è stato addestrato a riconoscere immagini di RPE fluorescenti derivanti da nove donatori sani ed esaminate per la totalità della superficie epiteliale pigmentata retinica. Sono state calcolate le caratteristiche morfometriche di ciascuna cellula di ciascun donatore, per totali 2,8 milioni di cellule per donatore e complessive 47,6 milioni di cellule analizzate. L’algoritmo ha valutato le cellule sulla base di caratteristiche similari fondamentali. Studi precedenti avevano evidenziato che le giunzioni cellulari hanno un ruolo fondamentale nell’attività del RPE e che la loro predominanza era associata a un buono stato di salute delle cellule. Basandosi sulle analisi morfometriche, il software ha individuato 5 sottopopolazioni di cellule all’interno del RPE indicate con la sigla da P1 a P5 e organizzate in formazioni concentriche attorno alla fovea che rappresenta il centro della macula, la regione più sensibile alla luce di tutta la retina. Rispetto all’epitelio retinico pigmentato periferico, quello centrale risulta perfettamente esagonale e più compatto, con un alto numero di cellule confinanti. Lo studio ha evidenziato una cosa inaspettata, ovvero che nella zona periferica P4 sono presenti cellule simili a quelle presenti in corrispondenza della macula. Quest’ultima scoperta evidenzia la necessità di ulteriori approfondimenti per saggiare appieno le diverse funzionalità che sembrano emergere nelle varie aree del RPE.
La seconda fase dello studio si è concentrata sull’analisi degli RPE derivanti da soggetti con degenerazione maculare (AMD) correlata all’invecchiamento. In questo caso si è evidenziato l’assenza dello strato P1 causato dalla malattia e alcune differenze tra le sottopopolazioni P2/P5 tra soggetto sano e con AMD. Infine, un successivo passaggio dello studio ha visto l’analisi dei fondi oculari di pazienti affetti da coroideremia o degenerazione retinica senza causa molecolare identificata, dimostrando una diversa suscettibilità delle cellule RPE alle patologie che affliggono il bulbo oculare. Dunque la metodica si è dimostrata in grado di riscontrare anomalie nella morfometria cellulare, prima che diventino esplicite le degenerazioni e lo scopo è di arrivare nell’immediato futuro alla messa a punto di una tecnica che consenta di eseguire in modo non invasivo le diagnosi nei pazienti in vita.
Ortolan D, Sharma R, Volkov A, Maminishkis A, Hotaling NA, Huryn LA, Cukras C, Di Marco S, Bisti S, Bharti K. “Single Cell-Resolution Map of Human Retinal Pigment Epithelium Helps Discover Subpopulations with Differential Disease Sensitivity”. PNAS. https://doi.org/10.1073/pnas.2117553119