Uno studio sulla copertura mediatica di 623 articoli scientifici riguardanti la ricerca sull’Alzheimer condotta sui topi rivela che i media digitali hanno maggiori probabilità di scrivere un articolo su presunte scoperte o risultati di ricerche mediche se gli autori della ricerca omettono il termine “topo” dai titoli dei loro studi. Al contrario, le pubblicazioni di studi che menzionano i topi nei loro titoli godono di una copertura mediatica limitata.
Lo studio intitolato “Cosa viene omesso nei titoli delle notizie o nei titoli degli articoli sulla malattia di Alzheimer? #neitopi”, condotto dalla dott.ssa Marcia Triunfol di Humane Society International e dal dott. Fabio Gouveia della Fondazione Oswaldo Cruz in Brasile, e pubblicato su PLoS Biology, ha scoperto che gli articoli scientifici con titoli che omettono di specificare che lo studio o l’importante scoperta riguarda i topi, vengono più facilmente ripresi e pubblicizzati dai media, come se lo studio o la scoperta in questione riguardasse i pazienti umani.
Ciò è preoccupante perché i risultati scientifici ottenuti da esperimenti su animali dovrebbero essere segnalati con cautela a causa della loro limitata rilevanza per la salute umana. La biologia e la fisiologia dei topi e di altri animali differiscono significativamente da quelle degli esseri umani, tanto che i risultati della ricerca ottenuti sugli animali spesso non vengono replicati nell’uomo. Il valore scientifico degli articoli che omettono o minimizzano il fatto che si tratta di studi o scoperte su modelli animali viene di conseguenza eccessivamente gonfiato dalla loro sproporzionata esposizione mediatica, sollevando preoccupazioni sul fatto che il pubblico e i pazienti vengano fuorviati.
“Ci sono circa 200 modelli animali per studiare l’Alzheimer, eppure la stragrande maggioranza dei potenziali trattamenti scoperti attraverso esperimenti sui topi sono inefficaci quando testati sugli esseri umani. Nonostante questo difetto significativo nei modelli animali, èi dimostrato che gli articoli che omettono di dichiarare esplicitamente che i risultati sono stati ottenuti utilizzando animali hanno una maggiore visibilità e quindi una credibilità implicita da parte dei media. I media dovrebbero fare molta attenzione e sottolineare che gli studi o le scoperte in questione riguardano i topi e non l’uomo, per garantire che il pubblico comprenda che i risultati degli esperimenti sugli animali potrebbero avere poca o nessuna rilevanza per i pazienti umani”.
afferma dott. Triunfol, uno degli autori dello studio e consulente scientifico di Humane Society International
Gli autori dello studio hanno esaminato le ricerche pubblicate nel 2018 e nel 2019 su riviste ad accesso aperto e indicizzate su PubMed. Dei 623 articoli recensiti, 405 hanno aggiunto “topi” nei titoli, ma 218 non hanno menzionato i topi, nonostante il fatto che in entrambi i gruppi i topi fossero i principali soggetti di ricerca. Utilizzando Altmetric Explorer, una piattaforma basata sul Web che consente agli utenti di sfogliare un report sull’attenzione digitale per i documenti di ricerca, il Dr. Gouveia ha riferito che lui e il Dr. Triunfol hanno scoperto che
“quando gli autori dell’articolo scientifico omettono i topi dal titolo del documento, gli autori dei quotidiani che riprendono lo studio tendono a fare la stessa cosa. Quello che vediamo è che nella maggior parte dei casi i loro titoli neppure menzionano i topi”.
Lo studio mostra anche che i giornali che omettono i topi dai loro titoli generano il doppio dei tweet sui social media rispetto ai giornali che menzionano i topi nel titolo (18,8 tweet contro 9,7 tweet, in media). Alcuni esempi di storie o articoli dei media basati su risultati ottenuti sui topi ma senza menzionare questi ultimi nei loro titoli sono “L’integrazione di nutrienti comuni può contenere le risposte per combattere il morbo di Alzheimer”, “Come le luci lampeggianti potrebbero curare il morbo di Alzheimer” e “Come l’esercizio fisico potrebbe ‘pulire’ il cervello nel morbo di Alzheimer” tra molti altri. Tali titoli rischiano di dare l’impressione che questi risultati si applichino ai pazienti con malattia di Alzheimer, quando in realtà si applicano solo ai topi, fino a quando/a meno che, non vengano prodotte nuove prove scientifiche riguardanti l’uomo. Il problema dei “topi omessi” nei media è così comune che nel marzo 2019 @justsaysinmice è esploso su Twitter (ora con circa 70.5K follower) con l’obiettivo di attirare l’attenzione sulle notizie principali in cui i topi – oggetto della svolta – passano inosservati.
Gli autori Triunfol e Gouveia chiedono l’attuazione di politiche editoriali, come le linee guida ARRIVE (una lista di controllo accettata a livello internazionale di raccomandazioni per migliorare la segnalazione della ricerca che coinvolge gli animali), per richiedere che i titoli degli articoli sperimentali identifichino le specie e/o le fonti tissutali utilizzate in la ricerca, se non derivata dall’uomo. Migliorando la qualità della comunicazione scientifica, possiamo migliorare l’accuratezza delle notizie dei media scientifici e incoraggiare una maggiore trasparenza riguardo al vero stato delle cose per quanto riguarda la ricerca, in questo caso sulla malattia di Alzheimer.
Bibliografia
What’s not in the news headlines or titles of Alzheimer disease articles? #InMice
Triunfol M, Gouveia FC (2021) What’s not in the news headlines or titles of Alzheimer disease articles? #InMice. PLOS Biology 19(6): e3001260. https://doi.org/10.1371/journal.pbio.3001260