Condividiamo la lettera scritta dalla dott.ssa Maria Concetta Digiacomo (Presidente O.S.A). al direttore di Repubblica Maurizio Molinari.
Dal Covid-19 l’opportunità per una Ricerca innovativa
Di fronte all’attuale pandemia di Covid-19, in cui è vitale produrre risultati nel più breve tempo possibile, si assiste impotenti alla mancanza di volontà di utilizzare o esplorare metodiche innovative più veloci e più predittive per l’uomo.
Da tempo, sempre più evidenze scientifiche dimostrano come i NAMs (New Approach Methodologies) possano contribuire significativamente alla ricerca biomedica fornendo dei risultati più affidabili e rilevanti per la specie umana. Le più prestigiose riviste di settore lo documentano ma i comuni mezzi di informazione tacciono e si continua a ignorare il dovere di incentivarli dal punto di vista economico e formativo.
È gravissimo in un momento così critico, fare leva sulla fragilità ed emotività della popolazione e degli stessi operatori sanitari per continuare a cavalcare l’onda della inevitabilità della ricerca su “modelli animali”.
Le nuove metodiche hanno già contribuito a far avanzare le conoscenze scientifiche nel contrastare l’attuale pandemia. Un esempio per tutti: l’uso degli “organoidi” che si sono dimostrati utili sia per capire i meccanismi patogenetici alla base del processo infettivo, sia per testare la capacità inibitoria su SARS-COV-2 di alcuni farmaci, che poi sono stati utilizzati.
A tutt’oggi i “modelli animali” non hanno dato risultati soddisfacenti negli studi condotti su SARS e MERS; i topi (le cavie più usate nei laboratori di tutto il mondo) ad esempio, non possiedono il recettore cellulare utilizzato da SARS-COV-2 per infettare le cellule umane; altri animali, non roditori, o non sono suscettibili al virus o se infettati non mostrano i sintomi presenti nell’uomo.
Vanno incentivati studi clinici controllati per valutare in modo rigoroso le proposte terapeutiche; il virus necessita di utilizzare le strutture della cellula ospite per potersi replicare. Fondamentale quindi, per capire i meccanismi alla base dell’eziopatogenesi e dell’attività infettante del virus, è conoscere l’ospite: l’uomo. Il virus si comporta infatti come una “chiave” che entra dentro una ben precisa “serratura”. Essa è simile ma non identica in tutti gli esseri umani, si parla a tal proposito di polimorfismi genetici, che condizionano la risposta dell’ospite all’insulto virale, potendo fare la differenza tra una forma letale ed una asintomatica della malattia. La risposta dell’ospite non dipende solo dalle sue caratteristiche genetiche, ma in modo rilevante dal contesto ambientale in cui è inserito, o ha vissuto o vive, e questa è l’epigenetica: nuovo paradigma imprescindibile per approcciare allo studio delle malattie. Solo una ricerca improntata sulla biologia umana (human based) potrà dare risposte attendibili. I Nuovi Approcci Metodologici, integrati fra loro, possono dare risultati davvero utili.
È oltremodo disarmante constatare come modelli di ricerca la cui rilevanza è stata ripetutamente messa in discussione dalla stessa comunità scientifica, continuino a costituire il gold standard ed essere preferiti all’innovazione. Avvilente rendersi conto come la vera religione di oggi non abbia un dio, ma una scienza verso cui fare obbligatoriamente atti di fede. I sacerdoti, ricercatori mainstream che si ostinano su un certo modo di fare scienza, non accettano il confronto sul piano scientifico e ciò porta a un rallentamento della Ricerca. Chiunque critichi tutto questo viene relegato al silenzio e reso incapace di trovare il giusto spazio, pur legittimo, per avere voce.
Dr. Maria Concetta Digiacomo